lunedì 11 ottobre 2010

Sogno o son desto?

Eschilo e il sogno premonitore di Atossa (i "Persiani").

Virgilio: "somnus mortis imago"

Pedro Calderòn de la Barca, con "La vita è sogno".

Christopher Nolan, "Inception".

Ok, magari sembrerà che Nolan sfiguri al confronto dei predecessori, e certamente è così, tuttavia uscendo dal cinema, ieri sera, con gli occhi pieni dell'incredibile sequenza di azioni e viaggi onirici di Leonardo Di Caprio & co. e la testa che friggeva, mi ha attraversato un pensiero: tutto ciò io lo conosco già.
E si sono fatte largo le ore di italiano passate sui banchi del Liceo Classico "G.B. Morgagni", mentre una professoressa con il rossetto scarlatto e la voce pastosa leggeva ad alta voce l'opera di Calderòn de la Barca. 

Ma la vita, è sogno?

Pare che da secoli l'umanità si interroghi su questo punto. E credo che nessuno di noi sia esentato dal dover dare la propria risposta.

Nolan, a mio giudizio, la sua risposta la da. Per questo è un film da vedere.

mercoledì 6 ottobre 2010

Mio malgrado

"Non si può essere veramente grandi finché la vita non ci mette alla prova rifiutandoci nettamente, senza appello, qualcosa cui si aspira con tutto il proprio essere."
E. Mounier

lunedì 4 ottobre 2010

Troppo italiano

Se fossi una vera blogger (italiana) probabilmente stamattina mi toccherebbe affrontare il discorso di Berlusconi tenuto ieri al Castello Sforzesco, oppure lo 0 a 0 di Inter-Juve, o ancora lo slittamento della riforma Gelmini sull'università, che rischia di non vedere mai la luce (ottimo editoriale di Panebiano sul Corriere). 
Ma stamattina l'attenzione sbadigliante che rivolgo al giornale mentro bagno i biscotti nel caffèlatte, è stata attirata da qualcos'altro; a pagina 24 del Corriere della Sera, nella Cronaca, un articolo che occupa mezza facciata titola "Modena, uccisa a sassate per il no alle nozze della figlia". 
L'agghiacciante storia è questa: famiglia pachistana residente a Novi, provincia di Modena. Padre, madre e cinque figli, di cui una femmina, Nosheen, di appena 20 anni. Il padre e i fratelli maschi le impongono un matrimonio combinato con un uomo molto più vecchio di lei, la ragazza non ci sta, è cresciuta in Italia, è estranea al mondo incarnato dal resto della famiglia. 
Purtroppo per lei questa opposizione non va a finire bene: un fratello, di 19 anni, afferra una spranga e inizia a picchiarla selvaggiamente. La madre, che immaginiamo fino a quel momento sottomessa e inerme, non ci vede più: è scattata come una belva per proteggere il corpo della figlia. Il marito, suo marito, l'ha colpita con una pietra sulla tempia: è bastato questo a ucciderla.

I carabinieri sono intervenuti tempestivamente: Nosheen è ora in ospedale, le sue condizioni sono precarie, ma dovrebbe farcela. Il padre e il fratello sono stati condotti in carcere: una foto li ritrae mentre, in manette, vengono scortati dai carabinieri: sguardi bassi, lineamenti rigidi: visi comuni, simili ai nostri, sul naso adunco del padre sono addirittura appoggiati degli occhiali tondeggianti, così innocui, così banali. 

I vicini di casa ora commentano: si sapeva che nella casa dei pachistani c'erano problemi, con quella figlia cui veniva rimproverato uno stile di vita "troppo italiano".

Questo termine mi ha inchiodato: che cosa vuol dire "troppo italiano"?

Forse, semplicemente, mi è balzato in testa, e correggetemi se azzardo troppo, significa libero. Libero di vestirsi come ci pare, con tutte le esagerazioni del caso (perché una velina o una letterina mezza nuda, a mio parere, anche senza saperlo, si infliggono un certo tipo di violenza), libero di conoscere e scoprire il mondo, anche quello più lontano e più diverso, libero di sposarsi per amore, magari con un ragazzo giovane, semplice, povero ma onesto, forse anche italiano. Libero di sbagliare, perché in Italia si sbaglia, e anche parecchio, e nessuno di noi è messo tanto bene, ma può pretendere, a ragione, di vivere la propria vita come meglio crede.

Da dove viene questa libertà? Tutta la nostra storia ce ne parla, e forse è ora di cominciare a prenderla sul serio.

domenica 3 ottobre 2010

L'inutilità

Se fossi una vera blogger, quello che sto facendo avrebbe senso.
Ma dato che evidentemente non lo sono, scelgo la strada dell'inutilità.
Mi limiterò a condividere ciò che interessa a me, e a me sola. 
Spero che nessuno se ne abbia a male. 

sabato 2 ottobre 2010

Alla conquista del web

La mia inettitudine da un punto di vista informatico è nota ai più. Ma dopo mesi di tentennamenti ho finalmente deciso e, parafrasando Clark Gable, francamente me ne frego.